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Eresia [GSG18] Mystery Cache

Hidden : 5/27/2018
Difficulty:
5 out of 5
Terrain:
3.5 out of 5

Size: Size:   regular (regular)

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Geocache Description:



 

 

Questa cache fa parte della serie Geo Summer Games 2018.
This cache take part to the Geo Summer Games 2018.

Il cache ovviamente continuerà ad essere disponibile anche dopo i Geo Summer Games 2018!
The cache of course will keep on to be available after the end of the Geo Summer Games 2018!


 

 

Fra Dolcino (o Dolcino da Novara) è stato un predicatore italiano, capo e fondatore del movimento eretico dei dolciniani. Fu accusato di eresia dall'Inquisizione, catturato e ucciso al rogo il 1º giugno del 1307 a Vercelli.



Le notizie accertate sulla sua figura e sulla sua opera sono poche e incerte. Le fonti sono prevalentemente di parte avversa ai dolciniani.
Secondo alcune di esse il suo vero nome era Davide Tornielli. Il suo effettivo luogo di nascita è sconosciuto, anche se viene convenzionalmente indicato in Prato Sesia; così come la data di nascita che è indicata nel 1250 circa. Il cognome Tornielli è originario di Romagnano Sesia, mentre una torre nel territorio di Trontano, in Ossola, porta proprio quel nome. Alcune ricostruzioni posteriori, per squalificarne la nascita, sostennero che Dolcino fosse il frutto dell'unione di una donna del posto con un prete, forse il parroco di Prato Sesia.
Nel 1291 Dolcino entrò a far parte del movimento degli Apostolici, guidato da Gherardo Segalelli. È dubbio in tal senso come la definizione di "frate", con cui spesso anche Dolcino viene definito, debba essere intesa, perché non si è affatto sicuri che egli abbia mai pronunciato voti religiosi: si limitò forse ad autodefinirsi "fratello" nell'ambito del movimento ereticale. Gli Apostolici, in sospetto di eresia e già condannati da papa Onorio IV nel 1286, furono repressi dalla Chiesa cattolica e il Segalelli fu arso sul rogo il 18 luglio 1300.
La predicazione di Dolcino si svolse anzitutto nella zona del Lago di Garda, con un soggiorno accertato presso Arco di Trento. Nel 1303, predicando nei dintorni di Trento, Dolcino conobbe la giovane Margherita Boninsegna, nativa di Cimego, donna che i cronisti posteriori concordano nel definire bellissima. Margherita divenne la sua compagna e lo affiancò nella predicazione.
Dolcino si rivelò dotato di grande fascino e comunicativa e, sotto la sua guida, il numero degli Apostolici riprese a crescere. Si attirò le ire della Chiesa per i contenuti della predicazione, apertamente ostile a Roma e a papa Bonifacio VIII, di cui profetizzava la prossima scomparsa.
Dolcino elaborò una sua dottrina teologica che, sulla scia di Gioachino da Fiore, divideva la storia del mondo in diverse età: la prima era quella dell’Antico Testamento, dei patriarchi e dei profeti; la seconda quella di Gesù Cristo e degli Apostoli, età della santità e della castità; poi era venuta l’età segnata dal potere e dalla ricchezza della Chiesa, per far fronte ai quali era arrivato Benedetto, riprendendo l’antica povertà. Ma secondo Davide Tornielli era stato tradito dallo sviluppo del monachesimo, per contrastare la cui ricchezza erano poi arrivati Francesco e Domenico.
Giunti alla fine della terza età, occorreva quindi convertirsi agli insegnamenti degli apostoli, ma perché questo avvenisse era necessario che tutti i chierici, i monaci e i frati morissero di morte "cruellissima". Infatti, Dolcino annunciò che il tempo della Chiesa infedele e corrotta stava per finire. In attesa della venuta della Chiesa santa, però, quella attuale andava distrutta.
Durante gli spostamenti effettuati in Italia settentrionale per diffondere le proprie convinzioni e accrescere il numero dei seguaci, Dolcino e i suoi furono ospitati tra il Vercellese e la Valsesia. Qui, a causa delle severe condizioni di vita dei valligiani, le promesse di riscatto dei dolciniani furono largamente accolte. Per questo, dopo un breve ritorno nel Bresciano, approfittando del sostegno armato offerto da Matteo II Visconti (Co-Signore di Milano), nel 1304 Dolcino decise di occupare militarmente la Valsesia e di farne una sorta di territorio franco dove realizzare concretamente il tipo di comunità teorizzato nella propria predicazione.
Il 10 marzo 1306, tutti i seguaci, abbandonati dal Visconti, si concentrarono sul Monte Rubello sopra Trivero (poco distante dal Bocchetto di Sessera, nel Biellese), nella vana attesa che le profezie millenaristiche proclamate da Dolcino si realizzassero.
Contro i dolciniani fu bandita una vera e propria crociata, proclamata da Raniero degli Avogadro, vescovo di Vercelli, che coinvolse anche milizie del Novarese.
Sul Monte Rubello e nella alture dei dintorni furono costruite dai dolciniani varie fortificazioni difensive, tra cui per certo una staccionata di tre file e diversi mura in pietra, tutte ormai scomparse o inglobate in altre costruzioni (GC1YZ6D).
I dolciniani resistettero a lungo, ma infine, provati dall'assedio e dalla mancanza di viveri, che la popolazione locale, divenuta oggetto di vere razzie, non poteva né voleva più fornire loro, furono sconfitti e catturati nella settimana santa del 1307. Quasi tutti i prigionieri furono passati per le armi sul posto, eccetto Dolcino, Margherita e il luogotenente Longino.



Margherita e Longino furono arsi vivi sulle rive del torrente Cervo a Biella. La tradizione identifica il luogo su un isolotto roccioso (GC5ZJW3). Un cronista annota che Dolcino, costretto ad assistere al supplizio dell'amata, "darà continuo conforto alla sua donna in modo dolcissimo e tenero". L'Anonimo Fiorentino (uno dei primi commentatori della Divina Commedia), all'opposto, afferma che Margherita fu giustiziata dopo di lui.
Per Dolcino si volle procedere a un'esecuzione pubblica esemplare: secondo Benvenuto da Imola (un altro antico commentatore dantesco), egli fu condotto su un carro attraverso la città di Vercelli, venne torturato a più riprese con tenaglie arroventate e gli furono strappati il naso e il pene. Dolcino sopportò tutti i tormenti con resistenza non comune, senza gridare né lamentarsi. L'Anonimo Fiorentino riferisce che egli rifiutò di pentirsi e anzi proclamò che, se lo avessero ucciso, sarebbe resuscitato il terzo giorno. Infine fu issato sul rogo ed arso vivo di fronte la Basilica di Sant'Andrea.

Nel 1907, per il seicentesimo anniversario della morte di Dolcino, alla presenza di una folla di diecimila persone riunitesi sui luoghi dell’ultima battaglia, un obelisco alto dodici metri fu eretto in memoria dei dolciniani per iniziativa di Emanuele Sella, letterato ed economista che vantava trascorsi in seno al socialismo.
Non a caso nel 1927 l’obelisco viene abbattuto da un gruppo di fascisti per essere ricostruito, con dimensioni più ridotte, nel 1974 alla presenza di Dario Fo e Franca Rame. Fo e Rame, nel 1977, inserirono la leggenda del frate nel loro "Mistero Buffo".
Ogni anno, nella seconda domenica di settembre, viene organizzato un convegno dolciniano e una cerimonia commemorativa nei pressi del cippo. Oggi purtroppo il luogo è deturpato da una enorme stazione di ripetitori militari.



Sono numerosi i riferimenti letterari alla vicenda dolciniana, qui se ne riportano tre.

Dante ricorda Dolcino nella Divina Commedia con questi versi:

Or di' a fra Dolcin dunque che s'armi,
tu che forse vedra' il sole in breve,
s'ello non vuol qui tosto seguitarmi,

sì di vivanda, che stretta di neve
non rechi la vittoria al Noarese,
ch'altrimenti acquistar non saria leve.


(Inferno XXVIII, 55-60)


Dante destina Dolcino alla bolgia dei seminatori di discordie e degli scismatici; poiché però l'azione della Commedia è ambientata nel 1300, quando egli era ancora vivo, Dante non lo incontra durante la sua visita all'Inferno, ma è Maometto, che si trova in quella stessa bolgia, a preannunciargli il suo arrivo. Si tratta di una delle numerose "profezie" che Dante inserì nel poema per poter citare personaggi ancora viventi nel 1300 o eventi posteriori a tale data (ma già avvenuti, ovviamente, nel momento in cui egli scriveva).


Umberto Eco ne "Il nome della rosa" pone il cellario Remigio da Varagine e il suo amico Salvatore (che parla uno strano miscuglio di lingue) ex seguaci di Dolcino. Il terzo giorno dopo compieta Ubertino racconta ad Adso (novizio al seguito di Guglielmo da Baskerville) la storia di Dolcino, tra cui si legge:

"Giunto nel novarese Dolcino trovò un ambiente favorevole alla sua rivolta, perché i vassalli che governavano il paese di Gattinara a nome del vescovo di Vercelli erano stati cacciati dalla popolazione, che accolse quindi i banditi di Dolcino come buoni alleati.
[...]
Dolcino si accampò coi suoi, che ormai erano tremila, su un monte vicino a Novara, detto della Parete Calva, e costruirono castelletti e abitacoli, e Dolcino dominava su tutta quella folla di uomini e donne che vivevano nella promiscuità più vergognosa. Di lì inviava lettere ai suoi fedeli, in cui esponeva la sua dottrina eretica.
[...]
Sul finire dell'anno 1305 l'eresiarca fu costretto però ad abbandonare la Parete Calva, lasciando i feriti e i malati, e si portò nel territorio di Trivero, dove si arroccò su un monte, che allora veniva chiamato Zubello e che da allora in poi fu detto Rubello o Rebello, perché era divenuto la rocca dei ribelli alla chiesa. Insomma, non ti posso raccontare tutto quello che avvenne, e furono stragi terribili. Ma alla fine i ribelli furono costretti alla resa, Dolcino e i suoi furono catturati e finirono giustamente sul rogo."
"Anche la bella Margherita?"
Ubertino mi guardò: "Ti sei ricordato che era bella, vero? Era bella, dicono, e molti signori del luogo tentarono di farla loro sposa per salvarla dal rogo. Ma essa non volle, morì impenitente con quell'impenitente del suo amante."



La storia di Dolcino e Margherita è raccontata anche in uno degli episodi di Cantalamappa di Wu Ming.


Additional Hints (Decrypt)

cravgramvntvgr

Decryption Key

A|B|C|D|E|F|G|H|I|J|K|L|M
-------------------------
N|O|P|Q|R|S|T|U|V|W|X|Y|Z

(letter above equals below, and vice versa)