Neppure la Pieve sfuggì alla smania di rinnovamento promossa a Castelfranco dalla cerchia riccatiana. Fu Giordano Riccati, lo stesso che abbiamo visto all’opera nel palazzo di famiglia, a fornire il progetto per il rifacimento della Pieve che, iniziato nel 1777, venne completato per tappe successive, nel 1805 e neI 1821, finchè nel 1848 l’architetto A. Lazzari progettò l’atrio, con quattro colonne corinzie a sorreggere il timpano.
L’intervento di Riccati mantenne la larghezza della chiesa originaria, della quale vennero conservati i muri perimetrali, ma ampliò di quattro metri la lunghezza. Lo spazio interno, a navata unica, venne modificato con l’apertura di due cappelle laterali, di lunghezza e larghezza pari a quelle della zona presbiteriale, che vennero a costituire una sorta di transetto.
Nel 1805 venne completata l’area absidale e fu costruita la sacrestia. Nel 1821, infine, per iniziative dell’arciprete Nicolò da Colloredo, si procedette al rifacimento del tetto, che venne rialzato fino a portare l’altezza della navata a 17 metri. Ci si può legittimamente chiedere il perché di un’operazione tanto dispendiosa, e la risposta è semplice.
Nel 1821 Giordano Riccati era ormai morto da 30 anni, e con lui tutti gli altri personaggi che avevano animato Castelfranco con discussioni anche architettoniche. Gli uomini erano scomparsi, ma la teoria della “media armonica”, che abbiamo visto essere un po’ il filo rosso che ricorre costantemente nei progetti di questa scuola, sopravvisse a loro tanto da essere applicata anche nella chiesa della Pieve, che proprio a questo scopo venne ampliata in altezza. All’interno della chiesa, notevole è soprattutto la statua raffigurante S. Sebastiano, attribuita dalla tradizione a Giuseppe Bernardi, detto il Torretto (1694-1774).
La cache si trova sotto il murale insalata a seguito della festa del borgo.