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LA TRAGEDIA DEL LAGO
Nello stagno vicino alla fornace
viveva la famiglia del batrace.
il padre, un rospo cacciatore audace,
la mamma rospa, grassa e un po' loquace,
e un batracino, assai bello e sagace.
Il rospo se ne stava in santa pace
sopra uno scoglio, mentre il suo torace
di gonfiarsi e sgonfiarsi era capace
come suol fare un gran capo-batrace,
gli occhi sporgenti, rossi come brace.
La mamma invece non aveva pace:
su e giù dallo stagno alla fornace,
cuocendo il cibo al fuoco della brace:
restare in ozio proprio non le piace,
canta allegra talor, talora tace.
Il batracin, rospetto perspicace,
di stare fermo un po' non è capace:
salta in alto e si tuffa, buon seguace
del gran Dibiasi, e come quegli audace.
Della famiglia a rompere la pace
giunse un uomo malevolo e rapace,
brutto, cattivo, subdolo e mendace.
(Si chiamava Gontrano Pertinace,
suo nonno era un bandito samotrace).
Si avvicina allo scoglio del batrace,
lo lusinga col suo fare loquace,
con parola ingannevole e fallace.
E intanto con un ferro, quel predace,
la pancia buca al povero batrace,
che lancia un grido e a terra morto giace.
La rospa madre non si sa dar pace,
si dispera, di vivere è incapace.
Le scoppia il cuore e anch'essa morta giace.
Solo è rimasto il batracin vivace;
ma vendicarsi vuol dell'uom predace:
gli salta in faccia e con la zampa audace
gli occhi gli sfonda e lo rende incapace
di riveder per sempre la verace
luce del sol. Vendicato è il batrace.
Urla l'uomo ferito. Il lago tace.
(G.Finzi/L.Ravaschio)
C'è chi ha un nonno archeologo e chi un nonno poeta....